Incontri con la poesia contemporanea
Seconda Lectio (Poe)Magistralis
La Casa della poesia di Monza
Villa Mirabello | 18 gennaio 2013 | ore 10
Cosa succede a far tempo dall’inizio del terzo millennio? Accade che si rendono riconoscibili macroscopicamente i termini della poetica, o forse della legge del realismo terminale.
Nelle città, gli oggetti che le colmano, attraggono risucchiandoli, come una legge di Newton antropologica, tutti i popoli della terra, progressivamente, a rovesciarsi dentro l’urbe, su di loro oggetti e a distanza zero. Nasce un realismo fatto di accatastate mescolanze di corpi umani viventi e prodotti. Il viaggio democratico di tutte le razze, a buttarsi sulle cose in città, è quasi concluso (4 miliardi di umani su 7), cioè è terminale e va completandosi a rotta di collo. Ciò, mentre gli oggetti divengono i nuovi soggetti e noi siamo divenuti gli oggetti novelli.
A furia di amarli (come i mistici fanno con Dio), ci siamo identificati con loro definitivamente, lasciandogli una sorta di precedenza, ed essi ci hanno scalzati. Tutto diviene a immagine e somiglianza dei prodotti, che rappresentano il termine di paragone e addirittura l’origine della parola. Ne deriva che la figura retorica della similitudine, che rende rappresentabile tutto ciò che esiste, ora si è rovesciata e così il gabbiano somiglierà, modestamente, ad un aeroplano e non più viceversa. Si inizia un nuovo linguaggio preponderante con una sua semantica “mutata”.
Un periodo temporale e quindi una poetica, destinati ad una durata ragguardevole, si sono messi in moto, un attimo dell’ampiezza di un’epoca. Nessuna nostalgia o linea difensiva Maginot ci tratterrà dal tuffarci nelle metropoli abitate da utensili e corpi. L’oggetto filia è la legge che tiene prono e servizievole questo mondo. In un simile contesto, l’obbedienza (alle cose), a dispetto di quanto invalso nel secondo Novecento, è così tornata ad essere una indiscutibile virtù.
Guido Oldani
Fototessera del realismo terminale
di Antonetta Carrabs
In un luogo di Bellezza, dove un tempo fiorirono le lettere e le arti, dove sulle pareti interamente affrescate si possono ancora ammirare le figure mitologiche a monocromo dei grandi artisti e pensatori del Rinascimento, dai poeti italiani come Ariosto, Boccaccio, Dante, Petrarca agli artisti come Michelangelo Raffaello, Tiziano, Leonardo, la Casa della Poesia di Monza sta cercando di dare vita a quel rigoglio antico delle lettere e delle arti che un tempo vide protagonisti, in Villa Mirabello, grandi personaggi come Giuseppe Parini, Balestrieri, Guido Verri. Dopo tanti anni le porte della Villa si spalancano per accogliere i poeti, gli scrittori, gli artisti, con un’attenzione particolare ai giovani che rappresentano il nostro futuro possibile.
La seconda Lectio Poe-Magistralis di venerdì 18 gennaio ha visto protagonisti più di 60 studenti del liceo classico Majorana di Desio accorsi per incontrare Guido Oldani, attualmente una delle voci poetiche internazionali più riconoscibili.
Alla prima Lectio con Anna Maria Farabbi, del 30 novembre 2012, avevano aderito gli studenti dei licei Bianconi e Zucchi di Monza. Questo progetto culturale, promosso dalla casa editrice LietoColle, in collaborazione con la Casa della poesia di Monza, ha lo scopo di offrire agli studenti e agli appassionati di poesia, tre occasioni di confronto e approfondimento con personaggi di grande rilievo del panorama letterario italiano. Tre appuntamenti significativi, durante i quali i poeti faranno conoscere la loro esperienza, il loro pensiero linguistico ed estetico, il loro laboratorio tecnico ed interiore.
Guido Oldani, protagonista della seconda Lectio (Poe)Ma-gistralis affronta il tema sul Realismo terminale, un nuovo modo di vedere il mondo in termini poetici.
Questo nostro mondo – afferma il poeta – ha prodotto molta paura. Gli intellettuali e gli artisti hanno pensato di chiudere in anticipo. È rimasto ben poco del 900, in questa visione di fuggiaschi. I popoli della terra vengono attratti dalle città che li risucchiano, rovesciando su di loro gli oggetti. Nasce un realismo fatto di accatastate mescolanze di corpi umani viventi e di prodotti.
Fra 30 anni l’80% della popolazione mondiale vivrà all’interno delle metropoli ammucchiandosi, accatastandosi sempre di più. In questo rimescolìo viviamo ormai come betoniere, dove l’uomo sta diventando l’oggetto, mentre l’oggetto sta diventando sempre di più il soggetto protagonista. È un po’ come andare tutti verso la Mecca, tutti verso la stessa direzione. Tutto questo è agghiacciante.
A questo richiamo progressivo ho dato il nome di Realismo terminale.
Il viaggio democratico di tutte le razze a buttarsi nelle cose di città è quasi concluso, cioè è terminale. Saranno 4 miliardi su 7 coloro che si appresseranno a compiere il viaggio terminale di questo nuovo millennio.
Una prospettiva del mondo che incute timore, forse sarebbe meglio non pensarci.
Questo nostro tempo è il tempo della censura: è vietato implicitamente pensare. Mai come in questa era gli oggetti sono così tanto amati, così come i mistici fanno con Dio. Ci siamo ormai identificati con gli oggetti, definitivamente. Tutto diviene a immagine e somiglianza dei prodotti che rappresentano il termine di paragone e addirittura l’origine della parola. Ne deriva che la figura retorica della similitudine si è rovesciata, così il gabbiano somiglierà ad un aeroplano e non più viceversa. Il nuovo linguaggio si caratterizza, quindi, attraverso , una semantica mutata.
Oggi è la natura che fa riferimento all’oggetto e non più viceversa. Eppure, se pensiamo solo per un istante a Leonardo da Vinci, alla sua grande creatività che attingeva dalla natura, alle numerose scoperte che questo processo aveva determinato, non possiamo fare a meno di diventare orsi. Viviamo la grande rivoluzione estetica e di linguaggio, viviamo l’epoca della similitudine rovesciata, della figura retorica.
Quando ho capito che stavo vivendo in un altro mondo, sono diventato un orso, un orso più di quanto lo sia stato prima. Un orso che ama il falco, perché, come me, anche lui ama la solitudine; quando mi capita di incrociarlo, appollaiato sui fili della luce, provo sempre un senso di invidia per questo rapace in grado di vivere in solitudine, mentre guarda il mondo dal suo osservatorio privilegiato. Ho scelto di frequentare meno i miei amici poeti perché ho avvertito la sensazione che stessimo perdendo tempo.
Spesso mi capita di ricordare le persone dell’America del sud, che ho incontrato durante i miei viaggi, con le loro bocche buie senza denti; persone sempre sorridenti anche se non hanno nulla, come se la povertà rendesse il loro animo più nobile.
Questo nostro periodo temporale è destinato ad una durata ragguardevole dove l’obbedienza alle cose è tornata ad essere una indiscutibile virtù. Tutto diviene a immagine e somiglianza dei prodotti che rappresentano il termine di paragone e addirittura l’origine della parola.
La Lectio si conclude con il coinvolgimento degli studenti e di tutto il pubblico presente in un gioco di similitudini rovesciate.
- Vedo uomini fermi in attesa come bianchi manichini – Giulia Nespoli
- Il sorriso che ha illuminato questa giornata mi ha fatto ricordare una pizza a quattro formaggi – Stefano Diegoni
- I nostri occhi, lampadine insaziabili – Iride Enza Funari, poeta
- Le lacrime sono gocce di neve sul parabrezza – Daniela Colombo, preside del liceo Majorana
- Le teste di questa stanza sono le setole di una spazzola che si muove – Michele Dell’Orto
- I suoi capelli ricci sono come filo spinato – Salvatore Cafiero
- Il cane corre verso il suo padrone come un razzo verso il cielo – Viola Fumagalli
- Abbiamo snocciolato similitudini inverse come arachidi guardando un film – Paola Nobili, professoressa
- Sei come una bambola di porcellana – Susanna Bertocchi
Sono un grande timido, conclude Oldani. La timidezza sia cugina del pudore e il pudore guai a chi non ce l’ha. Si conclude, così, la seconda Lectio Poe-Magistralis, con un grande poeta timido, dai grandi occhi azzurri.
La voce calda di Oldani è la luce di un lampione che rischiara la notte e indica la via.
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La biografia di Guido Oldani
Nato a Melegnano (MI) nel 1947. Oldani è attualmente una delle voci poetiche internazionali più riconoscibili. Ha contribuito alla riscoperta di Clemente Rebora curando nel 1985 il numero unico della rivista Psycopathology, Moretto Editore.
Nel 1987 è stato invitato da Antonio Porta e Giovanni Raboni al festival internazionale Milano Poesia e nel 1988 per presentare la delegazione dei poeti russi ricevendone l’invito per Mosca. È curatore delle quattro edizioni dell’Annuario di Poesia, Crocetti Editore e ha collaborato alle pagine culturali de La Stampa e di Avvenire. È stato autore per Telenova e Rai di trasmissioni culturali.
Nel 1997 ha rappresentato l’Italia presso la fondazione Svardo di Stoccolma e a fine millennio alla Columbia University di New York. Nel 2009 è al XIX Festival Mondiale della Poesia di Medellin in Colombia; nel 2010 a quello di Granada in Nicaragua. Collabora con il Politecnico di Milano.
Per il teatro ha curato una riduzione della comi-tragedia di Carlo Porta e Tommaso Grossi. Ha fatto parte del consiglio direttivo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano dove ha curato nel 2008 la mostra dei giovani pittori cinesi.
Si è occupato dell’individuazione dell’identità della cultura lombarda attraverso la mostra I tre di Brera che riguarda il ‘900 visuale. È ideatore e direttore artistico di Traghetti di Poesia, primo festival internazionale di poesia della Sardegna.
Dirige la collana Argani, Mursia. Fa parte del comitato scientifico del mensile di Avvenire Luoghi dell’Infinito.
Fra le antologie in cui è presente: Il pensiero dominante, Garzanti 2001 | Tutto l’amore che c’è, Einaudi 2003 | Almanacco dello specchio, Mondatori 2009 | 80 poeti per 80anni di Luciano Erba, ed. Interlinea, 2004 | S’encuntrum, se pàrlum, quajcoss che resterà, ed. Lucini, 2010, per gli ottanta anni di Franco Loi;
È uno degli autori trattati all’interno della Storia militante della poesia italiana (1948-2008) a cura di D.M. Pegorari, ed. Moretti & Vitali 2009.