Della sua terra di Sardegna Grazia Deledda scriveva:
…albeggia. Sul cielo azzurro cinereo di una dolcezza triste e profonda, curvato sull’immenso paesaggio silenzioso, passano sfiorando larghi meandri di un rosa pallidissimo, via via sfumanti nell’orizzonte ancora oscuro. Grandi vallate basse, ondeggianti, uniformi, s’inseguono sin dove arriva lo sguardo, chiazzate d’ombra, selvaggie e deserte. Non un casolare, un albero, una greggia, una via…
Grazia Deledda nasce a Nuoro, penultima di sei figli, in una famiglia benestante. Il padre, Giovanni Antonio, era un imprenditore e agiato possidente, fu poeta improvvisatore e sindaco di Nuoro nel 1892. La madre, Francesca Cambosu, era una donna religiosissima e allevò i figli con estremo rigore morale. Dopo aver frequentato le scuole elementari, Grazia Deledda venne seguita privatamente da un professore ospite di una sua parente che le impartì lezioni di italiano, latino e francese.
I costumi del tempo non consentivano alle ragazze un’istruzione completa, oltre quella primaria e, in generale, degli studi regolari. Successivamente approfondì, da autodidatta, gli studi letterari. Importante per la formazione letteraria di Grazia Deledda, nei primi anni della sua carriera da scrittrice, fu l’amicizia con lo scrittore, archivista e storico dilettante sassarese Enrico Costa che per primo ne comprese il talento.
La sua opera fu apprezzata da Capuana e Verga oltre che da scrittori più giovani come Enrico Thovez, Pietro Pancrazi e Renato Serra. Fu presto riconosciuta e stimata all’estero La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (Santu Predu), è adibita a museo. Grazia Deledda fu anche traduttrice, è sua infatti una versione di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac.