Dei poeti che amiamo di più la nostra memoria ritaglia una strofa, dei versi o un unico verso. Per quei poeti che abbiamo avuto il privilegio di conoscere e frequentare sulla terra, quei versi che isoliamo finiscono per includere qualcosa della figura fisica del poeta.
[Antonetta Carrabs] Ricordando Mario Luzi mi vengono in mente la gestualità misurata, la sua mitezza, la riservatezza gentile, l’umiltà della sua persona. Luzi è stato non solo un grande poeta, ma un grande uomo, qualità non sempre connesse.Uno capace più di ascoltare gli altri che di manifestare il suo narcisismo d’artista. Ho sentito la sua opera e, tanti come me, infinitamente nutritiva, persino nelle distanze incolmabili che a volte si aprono per generazioni e sensibilità. Il desiderio per il poeta valeva più della nostalgia; la vita, tutta la vita, tutto il vivente, più dell’astrazione e della sua stessa attività intellettuale.Sono andata da lui, in via Bellariva, 20 a Firenze quel po’ di volte da sola con un timore difficile da vincere e me ne ritornavo a Milano sempre con una strana letizia. Avevo l’esatta sensazione che lui toccasse una sorgente, una scaturigine nascosta, qualcosa di profondo, di così fondamentalmente umano da lasciare sospesi e felici. Lui, che da ogni istante dell’esistere esigeva una traccia di senso, innalzerà per noi nel silenzio della sua voce il suono delle sue parole e l’amore per la vita. Sempre. Possiamo solo augurarci che, nella definitiva remissione della parola al silenzio, abbiano pieno senso i suoi ultimi versi: Poi il silenzio/quel silenzio si dice che è la tua voce/e salutarlo/ Addio, ora è ben altro il prato.
La strada che mi ha condotta a lui è stata indotta dal mistero. Luzi mi ha insegnato a cogliere e leggere i segni dell’antica età dell’oro. Leggendo i suoi libri ho spesso trovato delle risposte al mio esistere, al mio bisogno di scrivere. Mi sono più volte proiettata verso la conoscenza per coglierne l’unità, la sua verità. Ed è in questo desiderio di ricongiunzione, di iniziazione, di ricostruzione che io vado a cercare l’ordine delle cose nel mio mondo. Questa recherche si trasforma nell’attesa di quello che non è ancora, nella ricerca di armonia: quella armonia che lui definiva armonia del tutto. Oggi mi ritrovo ad ampliare le mie emozioni attraverso il verbo, proiettandomi nello spirito della natura fino a spingermi nelle profondità del suo animo, fino a rincorrere quella luce che rifulge più chiara nell’ordinamento, nella nominazione. Avverto la necessità di attingere e raccontare la realtà che discende, la quantità, l’ordine delle cose che fanno parte della vita del mondo e, quindi, anche della mia. E continuerò a farlo attraverso il verbo per non smarrire quel desiderio di scoperta e di incantamento della vita che me la fa amare, nonostante.
“Io ti vedrò sussistere nel vago degli sguardi serali, nel ritardo dei fuochi che si spingono in un ago di luce rossa a cui trema lo sguardo.”