La Casa della Poesia di Monza
I GIOVEDI DELLA REGINA
Giovedì 27 giugno ore 18.00
Sala della Pendola Villa Reale di Monza – Primo Piano Nobile
Le fate tra illusioni e disincanto.
L’anima femminile e la poesia della natura ediz. Moretti&Vitali di e con
CARLA LOMI
Con la partecipazione di
IRENE CANDELIERI Ph.D. Psicologa Psicoterapeuta Psicoanalista
Letture a cura di Antonetta Carrabs
Carla Lomi, Le fate tra illusioni e disincanto. L’anima femminile e la poesia della natura, Bergamo, Moretti & Vitali Editori, 2022. Studiosa profonda e raffinata, instancabile promotrice di progetti culturali rivolti all’approfondimento letterario, Carla Lomi ci consegna con questo studio un altro prezioso affondo interpretativo sui temi della fiaba. Già autrice del libro Alle origini della fata.
La donna e la psiche allo specchio (Edizioni della Meridiana, 2004), con il quale vince il Concorso Internazionale di Saggistica Salvatore Valitutti, e curatrice del volume Arazzi fiabeschi. Il mondo delle fiabe nell’età della globalizzazione (Nicomp, 2011), la studiosa torna qui a riflettere sulla figura complessa e polimorfa della fata disvelando, del «personaggio delle fiabe che più consente di familiarizzare con un’immagine potente e complessa del femminile», elementi distintivi che aprono «alle donne inedite possibilità, più ampi spazi di libertà, di autodeterminazione».
Da stabile presenza del mondo immaginale dell’inconscio, da cui emerge attraverso un “linguaggio dimenticato” che procede per simboli, nella stratificazione storico-culturale cui la fiaba nel tempo e nello spazio è sottoposta, la fata si manifesta come un archetipo chiave in grado di transitare diacronicamente dall’elaborazione fantastica della tradizione popolare alle interpretazioni medievali e poi, su su, sino al Seicento francese con il Cabinet des fées e alle rappresentazioni a noi più vicine e sofisticate (pensiamo all’ambiguità della fata dai capelli turchini in Pinocchio).
Ma è alle manifestazioni più emblematiche delle epopee cavalleresche che Carla Lomi rivolge uno sguardo analitico individuando nella Melusina di Jean d’Arras (1387-1394) e nella Morgana di Monmouth (1148- 1150) due modelli di straordinaria potenza per la loro esemplarità e generatività: le due fate medievali sono dunque al centro dell’indagine ermeneutica e si distinguono, con i loro tratti identitari e nelle diverse vicende di cui sono protagoniste, per un agire progettuale che si fa paradigma di una volitività eminentemente femminile e tale da assumere, nell’immaginario di lunga durata, una dimensione politica e culturale.
Melusina l’edificatrice e Morgana la guaritrice si rivelano così davanti ai nostri occhi «lasciando apparire un modello di femminilità che, ben lungi dal dimenticare la propria dimensione interiore e la propria autenticità, supera le limitazioni di genere confermate dalla storica esclusione delle donne da diversi ambiti della vita, per misurarsi con le dinamiche del desiderio e del potere, trasformando le basi patriarcali dello sviluppo in categorie legate alla generazione e alla salvaguardia della molteplicità».
Di notevole interesse e originalità, per i significati che si riverberano nel tempo presente, appare infine il riferimento al legame primigenio che questa figura di sogno e magia intesse con la natura nei modi che rompono con un’idea omologante del genere come norma: la fata è creatura silvestre e sorgiva, è la Grande Madre dispensatrice di amore e di cura, figura sì prodiga ma capace, al contempo, di ascoltare le ragioni del proprio cuore.
Così, nel suo incarnare le istanze antinomiche del sentimento e della ragione, dell’inconscio e della coscienza, della natura e della cultura, nella pluralità di istanze che esprime, essa consente di delineare una soggettività possibile e aperta allo sviluppo delle potenzialità umane: una soggettività, in sintesi, in grado di stare nella complessità che connota la società postmoderna e di cui vi è oggi urgente necessità.
L’ottica pluriprospettica e la ricchezza degli approcci interpretativi introdotti (dagli approfondimenti sull’immaginazione nel pensiero di Giacomo Leopardi ai contributi della psicoanalisi, della filosofia e dell’etica, dell’antropologia e della mitologia…) articolano una cornice di senso che pure si sostanzia in una riflessione di ampio respiro che ha il pregio di rovesciare le più consuete letture di genere sull’immaginario legato alle fate.
Ne esce, in conclusione, una lettura suggestiva e densissima da intraprendere qualora si desideri approfondire l’inattesa essenza della mitica creatura vagheggiata sin dagli albori dell’umanità, ma anche compiere un viaggio conoscitivo che solleciti riflessioni contingenti e di grande attualità. (Chiara Lepri)