Una serata densa di amore e di tradizioni per una terra madre antica. I poeti pugliesi hanno affascinato il pubblico monzese, presente al Teatrino di Corte della Villa Reale di Monza, con i loro versi. Ringraziamo tutti gli artisti, Gianpaolo G. Mastropasqua per aver coordinato e condotto l’evento, Giuseppe Selvaggi, Antonio Luzzio, Felice Ricchiuti dell’Associazione Regionale Pugliesi della Lombardia, Salvatore Veraldi e Giuseppe Sacca’ dell’associazione Mediterranea Magna Grecia per essere intervenuti.
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La Casa della Poesia di Monza
per la rassegna Mirabello Cultura propone
Sabato 11 Marzo ore 21.00
TEATRINO DI CORTE della VILLA REALE
Viale Brianza, 1 Monza
POESIA ITINERANTE: READING CON I POETI PUGLIESI
Interventi artistici a cura di Nicola Albano, Gianpaolo Mastropasqua, Vincenzo Mastropirro.
Introduce Antonetta Carrabs, Presidente La Casa della Poesia di Monza.

La Casa della Poesia di Monza ringrazia l’Associazione Regionale Pugliesi di Milano per aver concesso il patrocinio e l’utilizzo del logo all’iniziativa Poesia Itinerante Reading dei Poeti Pugliesi.
Dopo i poeti campani, quest’anno la rassegna culturale del Mirabello ospita i poeti pugliesi
E’ un omaggio alla Puglia e a questa regione incantevole; una striscia di terra che si allunga nel mare con spiagge meravigliose, un luogo che cela anime diverse, sospese tra natura, storia, tradizione, gusto e spiritualità. Con i luoghi che raccontano le sue antichi origini: dalla preistoria alla Magna Grecia, dall’età imperiale al Rinascimento, ai fasti del barocco di Lecce e del Salento.
Pier Paolo Pasolini amava la Puglia. La amava profondamente.

In occasione dell’evento Poesia Itinerante che vedrà a Monza alcuni poeti pugliesi, pubblichiamo uno stralcio di questo articolo di Pasolini su Alberobello e dintorni, in cui il poeta ci porta alla scoperta dei trulli e delle gravine.
Forse il capolavoro delle Puglie è proprio Alberobello. Non c’è manuale turistico che lo ignori, né libro di geografia per scuole medie che non porti la fotografia dei suoi trulli. Niente invece, in questo paese, che sappia di colore locale. Alberobello è un paese perfetto la cui formula si è fatta stile nel rigore con cui è stata applicata. Dal primo muro all’ultimo, non un corpo estraneo, non un plagio, non una zeppa, non una stonatura. L’ammasso dei trulli nel terreno a saliscendi si profila sereno e puro, venato dalle strette strade pulitissime che fendono la sua architettura grottesca e squisita. I colori sono rigidamente il bianco – un bianco ovattato e freddo, con qualche striscia azzurrina – e il nerofumo. Ma ogni tanto nell’infrangibile ordito di questa architettura degna di una fantasia, maniaca e rigorosa – un Paolo Uccello, un Kafka – si apre una frattura dove furoreggia tranquillo il verde smeraldo e l’arancione di un orto.
È il cielo… È difficile raccontare la purezza del cielo, in quella domenica sera, a Alberobello: un cielo inesistente, puro connettivo di luce sulle prospettive fanta-stiche del paese. Di un trullo isolato si potrebbe parlare solo con i termini della cristallografia. Tutti i corpi solidi vi sono fusi mostruosamente per dar forma a un corpo nuovo, delicato, leggero.
I tetti a punta. I tetti a punta, di un nero cilestrino, si staccano improvvisi da questa base contorta e armoniosa, per riempire il cielo di magiche punte. Non c’è traccia di miseria o di sporcizia. I trulli più poveri, allineati per i vicoli scoscesi, da paese montano, vaporosi e candidi, sono pieni di nitore, anche negli interni, dietro i vani neri delle porte ricoperte da tende penzolanti come reti.
I sentieri, la sera in cui arrivai, erano deserti: solo qualche bambino giocava seduto davanti alle soglie, in mezzo a tutto quel biancore. La piazza al contrario era affollata, come in un giorno di fiera, ma si trattava di una folla silenziosa, lieve, vestita di scuro: una radio, inaspettatamente, tuonava la cronaca della partita domenicale, come se annunciasse i fatti di un altro pianeta.
Ma tra la piazza e il sobborgo deserto, in un piazzale incassato in mezzo ai trulli, suonava solitaria una pianola coperta da un drappo rosso. Era un vecchio tango, completamente trasfigurato, dall’aria del paese; un giovanetto bruno, vestito a festa, stava ad ascoltarlo. Mi avvicinai a lui, e un po’ intimidito dalla sua timidezza, gli chiesi: «Come ti chiami?». «Giovanni», rispose. «Sei contento di vivere a Alberobello?». Per me vivere ad Alberobello era una straordinaria novità e consideravo sensata la mia domanda; infatti egli mi rispose semplicemente: «Sì». Era già sera e i bianchi intonachi granulosi dei trulli emanavano un alone candido nell’aria vuota e turchina.

Per l’intero giorno era sfolgorato un sole estivo che aveva rischiarato in tutta la sua nudità la terra pugliese. Terra arancione, su cui il biancore di Alberobello era stato quasi un miracolo. Da Bari a Alberobello, tra le Murge e l’Adriatico la terra è arancione. Un leggero tappeto arancione, arabescato da muretti dello stesso colore e da radi boschi di ulivi d’un verde carico, vicino al celeste, tra cui, ogni tanto, compare un gregge di pecore co-lor malva, con le zampe nere, eleganti e lievi come ballerine. Qua e là – pavese dove la tinta del luogo raggiunge la massima accensione – trema un pesco arrossato dall’autunno, d’oro massiccio…
Michele Passalacqua, poeta pugliese, ci ha inviato un suo contributo:
Purtroppo non ci sarò fisicamente, mi è impossibile in quest’occasione, e ringrazio la Casa della Poesia di Monza per l’evento. Ho letto la bella pagina di Pasolini sul suo arrivo in Puglia e volentieri condivido con voi una strofe di un testo poetico che scrissi alla fine degli anni 80, dedicato, appunto, a Pasolini:
“Faglie d’estate da un pergolato:
è la natura bianca, il fùlgido
di un figlio che respira
da una macchia marina,
il fiore nudo del buio,
l’acqua dell’ombra che ride,
l’antico, il verde, l’ìndaco.”
Aggiungo una bella immagine dell’umile-aspra murgia pugliese di Anna Pontrandolfo Mele. Grazie a tutti e vi auguro fin d’ora una bella serata.
Michele Passalacqua
