LECTIO MAGISTRALIS con Antonia Arslan sul tema del genocidio armeno
Venerdì 15 novembre ore 11.00
Sala conferenza Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza
via Petrarca 10 Monza
Benedici questa croce di spighe: da La masseria delle allodole a La Bellezza sia con te.
Articolo di Elisabetta Motta
Il giorno 15 novembre 2019, presso la sede di Confindustria Assolombarda di Monza, Antonia Arslan ha incontrato 200 studenti delle scuole di Monza e Brianza e del Comasco tenendo un incontro sul tema del genocidio armeno. Rispondendo alle domande che le sottoponevo, si è soffermata sul concetto di genocidio spiegando con chiarezza ai giovani studenti l’origine di questa parola che è stata coniata nel 1944 da un ebreo polacco di nome Raphael Lemkin, per definire quanto è accaduto al popolo armeno, poiché non esisteva un termine adatto per farlo. La scrittrice ha sottolineato che talvolta si utilizza in modo improprio questo termine, come se fosse un sinonimo di strage, mentre in realtà significa volontà di sterminio di una minoranza per arrivare alla sua totale eliminazione, ed è programmata dall’alto, generalmente da un governo dittatoriale di cui questa minoranza è parte integrante.
Gli Armeni sono il primo popolo che si è convertito al cristianesimo nel 301 ed è stato perseguitato per la sua fede, essendo una minoranza cristiana inserita in un contesto religioso musulmano, già ai tempi del sultano Abu ul Hamid nel 1894-1896, ma si può parlare di vera e propria volontà di annientamento solo con l’arrivo dei Giovani Turchi al potere, spinti dal nazionalismo e desiderosi di creare una grande Turchia, eliminando tutte le minoranze etniche. Sono state dunque motivazioni politiche ed anche economiche che hanno portato agli arresti di intellettuali, uomini di cultura e di potere il 24 aprile del 2015 a dare inizio al genocidio.
Tutto ciò è ricordato in un libro dal titolo Benedici questa croce di spighe (Ares, 2017) da cui Antonia Arslan ha letto alcune poesie di Daniel Varujan, tratte dalle sue opere Il canto del pane e Mari di grano, che trattano della sacralità di questo elemento, dalla semina, al raccolto, alla cottura fino al momento in cui giunge sulle nostre tavole, ma parlano anche della tristezza della madre che ha visto deportato il proprio figlio, del carro dei cadaveri e delle atroci sofferenze del popolo armeno già durante i tempi delle prime persecuzioni. Varujan stesso fu deportato e ucciso barbaramente: gli vennero cavati gli occhi e il suo corpo fu infilzato e gettato in un fiume. Il suo manoscritto con i testi a cui stava lavorando poco prima della sua uccisione fu riscattato dagli archivi dei servizi segreti turchi, attraverso il pagamento di una forte somma di danaro, ed è un miracolo che sia giunto fino a noi. La sua voce ci pare ancora oggi di una straordinaria modernità.
Antonetta Carrabs, Antonia Arslan, Elisabetta Motta
Il tema della deportazione stato trattato anche attraverso la presentazione del libro La masseria delle allodole (Rizzoli 2004) il libro che le ha dato notorietà, ispirato ai suoi ricordi familiari, che racconta la tragedia di un popolo “mite e fantasticante” ed esprime la struggente nostalgia per una terra e una casa perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell’Anatolia, dove nel maggio 1915, all’inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l’odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un maschietto camuffato da bambina salperanno per l’Italia dove troveranno la salvezza. Dal libro hanno tratto ispirazione i fratelli Taviani per l’omonimo film prodotto tre anni dopo,nel 2007 che ha contribuito a far conoscere ulteriormente il romanzo.
Altro libro di cui Antonia Arslan ha parlato è Il libro di Mush (Skira 20012) che racconta la storia del più grande manoscritto armeno che fu miracolosamente salvato da due donne armene scampate dal massacro dei Giovani turchi che sterminarono circa centomila persone che vivevano nella valle di Mush. Le due donne, che trovarono il manoscritto fra le macerie del monastero dei Santi Apostoli, dove era conservato, lo divisero a metà e lo portarono sulle spalle per le montagne del caucaso. Una morì, dopo aver seppellito la sua metà, che fu poi ritrovata da un ufficiale russo e portata a Tiblisi e l’altra raggiunse Yerovan e consegnò l’altra metà ai monaci di Etchmiadzin. Si tratta di un libro che parla anche dell’ amore del popolo armeno per il libri (molti dei quali proprio come il libro di Mush furono salvati da donne del popolo e donati ai monaci) e che ci ricorda che assieme a tante vite umane vennero distrutti anche monumenti, croci di pietra, opere d’arte palazzi e chiese, alcune delle quali vennero trasformate in moschee. Pochi sanno che due pagine di questo straordinario manoscritto sono conservate nell’ isola di san Lazzaro, a Venezia dai padri Mechitaristi che vivono sull’isola.
L’incontro si è concluso con la lettura di una pagina tratta da La bellezza sia con te, l’ultimo libro da lei scritto che vede nella bellezza l’antidoto all’orrore, una bellezza da inseguire, da amare, come via da percorrere, sapendo che, come recita il proverbio armeno riportato in copertina, c’è sempre una strada da un cuore all’altro.
Antonia Arlan con gli studenti del Liceo Melotti di Cantù