Mirabello Cultura: Pomeriggi Culturali nel Parco
Incontro con gli autori
Omaggio a Giorgio Orelli | Poesia
Giorgio Orelli e la poesia dell’attenzione alla vita
Introduce Elisabetta Motta
22 aprile 2016 ore 18.00 | Belvedere della Villa Reale di Monza
Intervengono
Fabio Pusterla poeta e critico
Pietro De Marchi curatore del volume Giorgio Orelli “Tutte le poesie” (Mondadori, 2015)
Foto di Elisabetta Motta
Introduce Elisabetta Motta
Ingresso libero
Guarda le foto dell’evento:
Discorso letto da Elisabetta Motta presso la Villa Reale di Monza il 22 aprile 2016 in occasione dell’ incontro “Giorgio Orelli e la poesia dell’attenzione alla vita”
Benvenuti a questo incontro dedicato alla poesia di Giorgio Orelli, uno dei più importanti e rappresentativi poeti in lingua italiana del secondo novecento. Nativo di Airolo, nell’alto Ticino è venuto a mancare a Bellinzona nel novembre 2013 dopo una vita di insegnante, studioso, critico, traduttore e poeta. A due anni dalla scomparsa, nell’ottobre del 2015, in un corposo volume degli oscar Mondadori sono finalmente state pubblicate “Tutte le poesie” di Giorgio Orelli (2015), a cura di Pietro De Marchi, con introduzione di Pier Vincenzo Mengaldo e bibliografia a cura di Pietro Montorfani. L’oscar include le principali raccolte orelliane pubblicate da Mondadori e ormai introvabili nelle librerie: L’ora del tempo (1962), Sinopie, (1977), Spiracoli (1989) e Il collo dell’anitra (Garzanti 2001). Del periodo “giovanile” mancano i testi contenuti nella raccolta Né bianco né viola (Collana di Lugano, 1944) e Poesie (Edizioni della Meridiana, 1953) con l’eccezioni dei testi confluiti nella raccolta del ’62. Nel libro è presente anche l’ultima raccolta postuma e incompiuta, che ha trovato una sua sistemazione grazie all’accurato lavoro filologico di Pietro De Marchi e che compare con il titolo Verso «L’orlo della vita». Questa raccolta costituisce il suo ultimo testamento letterario e si pone in “continuità” con gli altri scritti, a conferma di quanto diceva lo stesso Orelli «Col passare degli anni sempre più mi pare di star scrivendo un solo libro»( Un’ altalena che s’inciela “Idra”,1996 ).
Il lavoro filologico svolto da Da Marchi, già di per sé non facile, è stato reso ancor più complicato dal fatto che di alcuni testi esistono più versioni, tutte autorizzate alla stampa da Orelli stesso (come testimoniano per esempio le poesie Ragni e La buca delle lettere). Come ha ricordato Pietro De Marchi nello scritto introduttivo Orelli era assiduamente impegnato nel lavoro di revisione dei suoi testi, in quanto per lui riscrivere un testo, alla ricerca dell’equilibrio ideale fra le parole, fra il senso e il di suono era per lui ben più interessante del fatto tutto esteriore di pubblicare. E certo non pubblicava nulla di cui non fosse pienamente convinto. Forse è questo il motivo per cui ha preferito aspettare a pubblicare la sua ultima raccolta, che non vedeva ancora perfetta e compiuta in tutte le sue parti, non cedendo alle sollecitazioni. Per Orelli il saper aspettare, rispettando i tempi lunghi della poesia era una virtù. Ha scritto nell’ultima poesia data alle stampe ( insieme a L’altalena ed. Lithos 2013) dal titolo La goccia: «Aspetto che si dia/ tempo al tempo», invitandoci a un meditazione sul tempo e sulla pazienza che occorre in ogni campo della vita e dell’arte. Questi due elementi costituivano per lui un binomio inscindibile. Alla mia domanda «Dopo tanti anni che scrive poesie, che cosa la spinge a farlo e che cosa le interessa del dire e del fare poetico?» Orelli ha risposto: «Lei mi chiede che cosa mi interessa in poesia e che cosa ancora desidero scrivere. Le rispondo subito: la vita, la vita delle parole, la vita che dalla vita vera nella nostra mente continua o non continua e si spegne nel linguaggio, questo mi interessa e di questo voglio continuare a scrivere» (video-intervista maggio 2013).
Il titolo dell’ incontro di oggi, Orelli e la poesia dell’attenzione alla vita, suggerito da De Marchi, sottolinea come la con la sua poesia abbia saputo gettare lo sguardo a fondo di ogni questione umana poiché era interessato ad ogni aspetto della vita: da quelli più tragici o che meritavano il suo sdegno (si pensi alla sua poesia civile e ai cosiddetti “cardi” ) a quelli più lieti e divertenti. Si pensi alla predilezione per il mondo dei bambini, alle loro fantasie e ai giochi linguistici (numerose sono le poesie dedicate alle figlie e ai nipoti) a quelli più buffi e incredibili (si pensi alle ultime poesie ispirate agli annunci comparsi sui giornali di persone in cerca dell’anima gemella)
Era un uomo che ben conosceva l’arte dell’ intrattenere, passando dagli argomenti più seri quelli più faceti ed era sempre uno spasso sentirlo raccontare eventi del passato, aneddoti divertenti episodi di vita quotidiana o barzellette, cibo o sport. Come ha osservato Mengaldo nell’introduzione, le sue poesie nascevano spesso da “occasioni” quotidiane, dall’osservazione di persone o animali o oggetti, il cui significato simbolico è immanente nella loro presenza.
Come ha dichiarato: «Se uno è un poeta o uno scrittore non ha bisogno di andare a cercare cose strane su cui scrivere, si può andare lontanissimo anche con le cose più domestiche e alla mano».
E certo a Orelli non mancavano gli aggettivi per definire la vita. In un testo dal sapore dantesco che porta nel titolo il nome strano e curioso di una donna, Libia, la definisce così: «Vista dall’aldilà la vita è: viva, / lieta, dolce, beata, serena, / semplice, sconoscente, gloriosa, / viziata e lorda, pura e disonesta, / bella, bassa, bugiarda, cieca, ria, / corta…// E poi ancora per bocca di Lidia la definisce “buffa”. «Buffa», disse, « com’è buffa la vita» E mi chiedo, ora che lui si trova davvero in quell’aldilà di cui si dichiarava “oriundo”, quali altri aggettivi abbia saputo trovare Orelli per definirla questa vita terrena.
L’averlo conosciuto, aver frequentato la sua casa nei suoi ultimi anni di vita è stato certamente un grande, privilegio, uno di quei doni che talvolta inaspettatamente ci capita di ricevere nella vita senza sapere il perché. Le sue conversazioni sono state per me delle vere e proprie lezioni di poesia, di critica verbale ma anche di vita. Ricordo che la prima volta che lo andai a trovare mi regalò il suo libro Accertamenti verbali. Fu in invito per me a misurarmi con il suo metodo, certo non facile, a prestare maggiore attenzione al ritmo e al suono, a cercare di rendere giustizia agli autori scoprendo con pazienza i segreti delle parole, i giochi linguistici, per evitare come diceva lui di fare come certi critici che «fanno della letteratura sulla letteratura»
Quando consegnò a me e ad Alfredo Taroni il testo “Ragni” per farne un libro d’arte mi resi subito conto di avere tra le mani un piccolo gioiello e difatti questo testo è stato subito giudicato dai critici come uno dei vertici non solo della sua poesia ma in generale della poesia di questi ultimi decenni. Questi due minuscoli ragni, divenuti compagni della sua vecchiaia “inquilini abusivi del soffitto di casa” scesi a sondare il peso dell’essere, il mistero, sono stati per me fonte di ispirazione per un libro che uscirà (spero per l’estate) edito dalla Vita Felice dal titolo La poesia e il mistero. Tale volume, dedicato a Orelli, include alcuni testi poetici e alcune interviste a 12 poeti fra Italia e Svizzera (fra cui Orelli, Pusterla, De Marchi, Nessi per gli Svizzeri e Neri, Pontiggia, Bagnoli, Rondoni, Anedda e altri) sul tema del mistero in poesia. Orelli, che era un uomo che aveva un profondo senso del mistero, mi disse che non aveva dubbi sul fatto che «la poesia fosse a casa sua con il mistero» e che il mistero è dappertutto, fuori e dentro di noi. E lui stesso si sentiva parte di questo mistero, vivendolo senza angoscia, come fosse una faccenda domestica, quotidiana.
Dopo la sua scomparsa è riuscito a farmi ancora un altro bellissimo regalo, per il tramite della moglie, la signora Mimma, che ringrazio di cuore. Un anno dopo, nell’ ottobre del 2014, (proprio il giorno del mio compleanno) nella buca delle lettere ho trovato una busta in cui erano contenute 6 poesie giovanili di Orelli, escluse dal corpus Mondadori con un biglietto scritto di pugno dalla signora Mimma in cui diceva che sapeva che queste poesie a suo marito non dispiacevano e che riteneva che suo marito sarebbe stato felice di affidarle a me. D’accordo con l’editore Luciano Ragozzino abbiamo deciso di pubblicarne due ogni anno nel mese novembre per ricordare la sua scomparsa. È nata dunque questa plaquette dal titolo “Due poesie”edita da Il ragazzo innocuo (2015) che contiene una splendida acquaforte/ acquatinta di Luciano Ragozzino che rappresenta una lucertola protagonista di uno dei due testi
Concludo leggendo i due testi contenuti nella plaquette. Il primo, che comincia con un attacco altissimo preso dall’incipiti di Jacopo da Lentini (Meravigliosamente/ un amor mi stringe / e mi tene ad ogn’ora…) è un testo che irradia una specie di gioia trattenuta, che esplode, si sparpaglia, fatta di luce e di colori. Sono poesie così ì limpide e luminose che non hanno bisogno di alcuna nota critica. Il primo testo dice così:
Meravigliosamente
crebbe la luce al canto degli uccelli
caduti sul mio cuore in ascolto.
Ma ora, che varchi la mai soglia, rinata nell’attesa con il tuo volto, vorrei essere pronto, non chiederti perdono…