GIORNO DELLA MEMORIA
Concerto letterario dedicato ad Aurelia Josz – Firenze 1869 – Auschwitz 1944
GIORNO DELLA MEMORIA
Concerto letterario dedicato ad Aurelia Josz – Firenze 1869 – Auschwitz 1944
“Di qualche cosa oltre il pane, per qualche cosa che sembri degna, bisogna pur vivere.” Aurelia Josz.
Sabato 27 gennaio ore 18.00 Sala degli Specchi Villa Reale di Monza
Drammaturgia ANTONETTA CARRABS
Letture sceniche: ANTONETTA CARRABS SILVIA MESSA RAFFAELLA FOSSATI con la partecipazione di CLARISSA ARIGOSSI-canto Fondazione Musicale Vincenzo Appiani
L’ingresso è libero ma si consiglia la prenotazione: pro.monza@tiscali.it
“La Signorina è piccola, magra e pallida, vestita molto semplicemente» – così scriveva Alice Hallgarten Franchetti di Aurelia Josz. Si erano conosciute a Milano nel gennaio 1904, tutte e due appassionate promotrici della cultura e dell’emancipazione femminile. Aurelia era figlia dell’ungherese Lodovico Josz, triestino di origini ungheresi e di Emilia Finzi, di colta famiglia ebraica. Diplomatasi a Firenze in lettere italiane presso il Regio Istituto superiore di Magistero femminile, Aurelia fu molto influenzata dal clima cosmopolita della sua città che favoriva una mentalità progressista e aperta ai problemi della condizione femminile. A ventun anni si trasferì a Milano, per insegnare nella scuola Normale “Gaetana Agnesi” dove, nel 1906, divenne titolare della cattedra di storia e geografia che mantenne fino al 1920. Ideò nuove metodologie didattiche per catturare l’attenzione delle allieve utilizzando il teatro e realizzando con materiali cartacei un “museo” geografico e antropogeografico. Nel 1902 fondò la prima Scuola pratica femminile di agricoltura nell’orfanotrofio della Stella a Milano che poi verrà trasferita in una sede autonoma a Niguarda nel 1905. Nel maggio 1909 Ada Negri avrà modo di presentarlo con un memorabile discorso, in occasione della «inaugurazione dei nuovi locali della scuola ingrandita e abbellita» come scrisse la stessa Josz che ne fu organizzatrice e direttrice a titolo gratuito fino al 1931.
Il convitto accoglieva le orfane, ma la scuola ebbe anche allieve esterne, tra cui le figlie dei piccoli proprietari terrieri, spesso destinate a rimanere chiuse tra le mura di casa o a esercitare l’insegnamento senza una vera vocazione. Convinta della necessità di una visione moderna dell’agricoltura, la Josz chiamò a insegnare i più importanti agronomi italiani e istituì molti corsi come la bachicoltura e l’apicoltura. “Fu la mia gioia d’educare, insegnando, fu amore delle cose belle sentite e vissute, fu il desiderio di giovare agli altri. La mia idea di fondare una scuola femminile che riportasse verso la terra le scolarette venute dalla campagna per ritornarvi con un diploma di maestra da conquistarsi a prezzo di qualsiasi sacrificio, per elevarsi. Rendere accessibili alle donne gli studi agrari avrebbe aperto loro nuovi sbocchi professionali nelle industrie agrarie considerate minori come la bachicoltura, l’apicoltura, la floricoltura, le attività casearie. L’apprendimento di un mestiere sarebbe stata una reale opportunità di riscatto sociale.” Nel 1921 fu la volta del primo Corso magistrale agrario per maestre rurali. Nel 1905 andò in Svizzera, Inghilterra, Francia e Belgio per verificare lo stato dell’educazione agraria femminile. Apprezzò particolarmente «le scuole pratiche agricole del Belgio» che si propose «di imitare nella prima scuola pratica agricola femminile italiana, la scuola milanese di Niguarda […] ove, con un biennio di vita collegiale spesa tra lo studio e il lavoro pratico nel campo sperimentale, nel giardino, nel caseificio, nella bigatteria, nel pollaio, lavoro fortificatore dei muscoli e dei nervi, le fanciulle si preparavano al disimpegno di tutti gli uffici di massaia».
Il valore del lavoro agricolo e del ritorno alla terra era un tema d’attualità nella cultura assediata dalla rivoluzione industriale, ma anche un tema dell’ebraismo sionista. “Volevo contribuire a costruire un mondo nuovo e verosimilmente migliore. E fu in quegli anni che incominciai a maturare l’idea di creare una scuola di agraria per la donna. Volevo, attraverso l’istruzione, fare in modo che le donne meno abbienti, logorate dalla vita malsana e insalubre della città, potessero ristabilirsi sia fisicamente, sia moralmente.” Aurelia aderì al Gruppo milanese di Bettino Levi, in qualche modo sincretizzando la sua fede sionista con quella nella cultura, nell’impegno e nel progresso, così come fecero tante altre ebree italiane dell’epoca, indipendentemente dalla loro osservanza religiosa. Altro tema caro ad Aurelia fu quello della pace. La scuola, sostenuta inizialmente dal regime fascista perché compatibile con il suo progetto di formazione per le “massaie rurali”, venne progressivamente emarginata e chiusa nel 1930-1931 per ostilità nei confronti della Josz. Verrà riaperta nel 1933, ma affidata ad una nuova direttrice vicina al regime. Nella prima metà degli anni trenta Aurelia impiantò, in soli sei mesi, un’altra scuola agraria a Sant’Alessio in provincia di Roma. Il governo fascista, che le aveva dato l’incarico, inaugurò la scuola come fosse la prima del genere, escludendola e affidando il nuovo istituto ad un’altra direttrice più gradita.
Aurelia rifiutò la tessera del partito fascista e, di conseguenza, le furono tolti i finanziamenti statali alla scuola di Niguarda, oltre al suo incarico di direttrice. Si chiuse in un progressivo isolamento, lasciando nel 1936 l’insegnamento alla scuola normale. Si dedicò alla scrittura di due saggi sul poeta Boiardo e sul filosofo Boezio, oltre a scrivere “La donna e lo spirito rurale: storia di un’idea e di un’opera.” Dopo l’approvazione delle leggi razziali da parte del fascismo nel 1938, Aurelia Jos rifiutò di espatriare. L’8 settembre 1943 raggiunge la sorella Valeria ad Alassio ma, a causa di una frattura ad un braccio, non potette seguire la famiglia che affrontava l’espatrio clandestino in Svizzera, trovando così rifugio in un convento. Venne arrestata il 15 aprile 1944 e condotta nelle carceri di Marassi, a Genova. Da lì fu deportata, prima al campo di concentramento di Fossoli, poi al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove giunse dopo un viaggio nei vagoni piombati il 1° luglio, trovando la morte nella selezione iniziale. Aurelia Josz fu promotrice di valori umanistici e morali e cercò di restituire alle donne la dignità del proprio ruolo attraverso la loro emancipazione: le donne non sarebbero state più lavoratrici da sfruttare ma professioniste esperte e capaci di portare avanti da sole un’azienda. Una grande figura del ’900, simbolo di pace, che merita di essere studiata e ricordata.” – Antonetta Carrabs