SEZIONE GIOVANI
1.PATAPUFF Federico Valcher
Una giornata sulla neve come tante. È questo il contesto in cui si muove la “cinepresa poetica” di Federico, che da lontano “riprende” la discesa sulla neve della sorellina minore, Margherita, e la fa diventare materia della sua giovane poesia.
Con dolcezza ed ironia l’autore ci descrive il piccolo viaggio “sulla coltre bianca immacolata”di un “un punto rosa su corti sci azzurri”, tra “pini verdi e bianchi, ampie curve e lunghe s” e ci conduce “tra una curva troppo larga, una troppo stretta e una troppo veloce” fino al sonoro “patapuff” finale.
L’allegra vivacità e la tenera sfrontatezza di questi versi ci fanno conoscere un piccolo poeta, che sa già affrontare l’esistenza col giusto piglio e conosce il segreto della felicità: sdrammatizzare con sorriso i piccoli/grandi eventi della vita.
2. SONO QUI Ilaria Soren
In questo testo, non privo di perizia stilistica, l’Io lirico della giovane autrice si pone in aperto dialogo con la Natura, un dialogo antico quanto la poesia, ma sempre nuovo per chi, come noi, si ritrova a vivere in una società, dimentica della natura e sempre più sorda ai suoi richiami.
Alla Natura ci si affida quando, improvvisamente, ci si ritrova “sulla soglia dell’eterno” e scatta il bisogno di ritrovarsi, di ricordare, di risentire “l’odore del primo abbraccio caldo”, l’affanno delle “corse di prima mattina sul prato fiorito bagnato di rugiada”, di “planare” e di affidare a mani sicure il nostro corpo “fragile e delicato” e ormai “stanco come il sole”.
Una dolcezza malinconica si dipana da ogni immagine, da ognuno dei quadri con cui Ilaria dipinge le stagioni della vita e aiuta l’uomo del suo tempo a riconciliarsi con la morte, a non temerla, ad affrontare con ritrovata serenità il momento in cui “la luce soffusa si spegne” e gli occhi “piano” si chiudono.
Chi di noi avrà paura di addormentarsi, facendosi cullare dal “vento gentile” e dal “frinire dei grilli”, dopo aver letto questi versi?
3.UN’OMBRA Carlotta Mascheroni
“Quisque suos patimur Manis”. “Ognuno soffre la sua ombra” scrive Virgilio nel VI libro dell’Eneide, quello dedicato alla catabasi di Enea nell’oltretomba.
E con un’ombra “nodosa e amorfa” torna a confrontarsi l’intensa e matura parola poetica di Carlotta, giovane autrice che, ossimoricamente, piange “senza lacrime” il “testardo nulla” del suo tempo, stana senza paura l’ombra che, “celata” e odiosa”, invecchia nei “vicoli squallidi” della nostra psiche e si riappropria dei “ciliegi selvatici” celati dalla polvere del tempo.
In un testo che, volutamente, preserva il nulla di un inesauribile segreto, ombra diventa, dunque, tutto ciò che s’allunga sul fragile terreno della nostra mente e ne oscura lo sguardo, condannandola ad un vuoto che nessun affetto, nessuna parola e nessun gesto riesce a riempire.
SEZIONE POESIA INEDITA
Segnalazioni della Giuria
1.L’ATTESA Anna Pellegrino
Abitare l’attesa è difficile. Abitare l’attesa significa vivere costantemente inclinati verso un Tu, che non si lascia incontrare mai.
Abitare l’attesa significa arrendersi all’impotenza delle parole che, improvvisamente, “non hanno voce”, “non hanno peso”, non fanno più “vibrare i timpani/della mente e del cuore” e “sono moleste”, proprio come “il canto /dei rospi lungo il fosso”.
Abitare l’attesa significa ammettere che non c’è “avvento” possibile, davanti ad un Tu, il cui “silenzio” “è roccia dura/è freddo acciaio”. Abitare l’attesa è difficile, ma questo testo con la sua nitidezza epigrafica, la verticalità del suo fluire, le sue impietose metafore ci consente, forse, di abitarla con una consapevolezza nuova, che sa di consolazione e malinconia.
2. SCALO INTERIORE Anna Maria Moramarco
“Bufera, tempeste, vuoti d’aria”. Cos’altro è la vita per chi “cerca verità” in un “mondo effimero”?
Alla domanda risponde meravigliosamente questo testo in cui l’Io lirico, affidandosi a versi dalle movenze a tratti narrative e a tratti epigrafiche, distoglie lo sguardo da un ‘fuori’ tutto “tristezza” e “disperazione”, che “tarpa le ali” e fa “perdere quota” per guardarsi dentro e ritrovare nel “nido” del Sé il senso del lungo viaggio della vita.
Fuor di metafora, lo “scalo interiore” è tappa obbligata per chiunque ambisca ad un’esistenza in cui non c’è “vuoto” ma “pienezza”, in cui non ci si limita a vedere e a parlare ma si ascolta e ci si ascolta, in cui si “dà credito all’amore”, si incontrano “persone, cuori, sensazioni, pensieri, ricordi”.
Lo “scalo interiore” è tappa obbligata per chiunque voglia imparare a volare “senz’ali” nel cielo terso della vita.
3. L’IO PURO Alessio Emanuele Fiorucci
Il miracolo del risveglio è al centro di questo testo lirico in qui echi novecenteschi si fondono con inedite rivisitazioni mitologiche. Al centro “l’uomo pieno di vuoto” del nostro tempo, ma anche e soprattutto il poeta.
Chi e che cosa –sembra chiedersi il testo-, ci rende poeti? A renderci poeti è, anzitutto, la cognizione del dolore; poi, l’aver sperimentato “l’amaro destino della vita/goduto a metà”; ci rende poeti la capacità di accogliere “con devota fede” il “sogno” dolceamaro “della vita”, di far “tesoro dell’esperienza”, di saper scovare “nel foglio bianco /l’Io puro”, ossia l’Io più autentico, quello capace di attingere all’Assoluto e di dargli voce.
Con la loro delicata compostezza questi versi parlano al poeta che è in ognuno di noi, ma anche all’uomo comune e ci aiutano a camminare con ritrovata serenità lungo il sottile filo che separa il sonno dalla veglia.
TESTO EDITO SEGNALATO
PAESAGGI DI TEMPO, Maria Luigia Longo, Samuele Ed., 2010
Con questa raccolta Maria Luigia Longo ci ha regalato un assaggio di luminosa poesia. Approvata da Andrea Zanzotto, a cui l’autrice ha dedicato la sua tesi di laurea e un precedente edito, la raccolta dà voce ad una poesia “vera, sincera e nuda”, “tutta tesa” –per dirla con le parole dell’editore, suo primo e finissimo lettore – “a un delicato superamento dell’Io per incontrare il mondo ed il suo tempo, attraverso paesaggi ben circoscritti”.
Fare poesia per Maria Luigia Longo significa “fraseggiare con l’infinito”, dare voce al “solfeggio silente dello spirito”, fare del verso “nido” e della penna “uncino”, spingere lo sguardo in un “altrove che nessuno conosce”, “scrutare l’ombra” per appropriarsi del mondo.
La sua poesia si popola di paesaggi che si disegnano nell’Io e fuori dall’Io, paesaggi che si modellano sulla memoria di un vissuto che riemerge nelle “rughe perenni” dei calanchi, nel vento delle “terre arse”, nelle “spighe secche e dorate” che scandiscono la trama delle giornate estive, che s’alimentano d’un corpo che parla dalle sue “fessure”, dal suo “incedere snello”, dalle “ombre lunghe” di cui si popola.
Una poesia, quella della Longo, che, affidandosi alla sonorità della parola, riporta alla luce la bellezza “altra” della poesia e le si affida per tradurre in versi quel “puzzo di sudore misto al pianto”, che nutre il suo canto e lo sostanzia.
POESIA EDITA
DA UNA ZONA D’OMBRA Luisa Colnaghi La vita Felice ed.
Odori irrompono nelle immagini poetiche di Luisa Colnaghi, i profumi dei fiori intrecciano mani e corpi che si dipanano nelle pagine di questa intensa raccolta.
Scrive (pg 13): La scala di ardesia/i passi incrinati/segnano la lunga via/ti volgi a guardare/la buganvillea superba l’oleandro fiorente/senti il profumo di erbe/vuoi raccogliere i sogni/lasciati sui gradini
… e ancora scrive (pg 15): Guardavi i piccoli/fiori di rosmarino/brillanti di rugiada/le api ronzavano/in fitta competizione
Luisa usa il pennello delle parole, dipinge di immediatezza angoli del suo vissuto, fa emergere in pochi tratti intense emozioni. Un “io” intimo e profondo si abbandona a svelarci attimi di forte impatto emotivo …
Scrive (pg 19) Nel vento di notte/tuoni e guizzi di lampi/vibrava il rifugio/luccicava l’aria/l’ardesia del tetto bagnata di pioggia/passato il temporale/stringevo la tua mano/sotto le coperte.
La notte è alcova di pensieri, ritratti d’amore e solitudine si alternano, ci portano ad attimi di smarrimento emotivo, la tensione dell’incontro talvolta velato da tristezza … scrive (pg 23)
Il vento acceso della notte/ha lasciato lacrime e sogni/nelle rughe del lenzuolo/l’amore scritto nelle pieghe del mattino.
Talvolta simbolo, la notte, di passione travolgente … scrive (pg 25)
La volpe e il lupo hanno bussato/ci trovano nudi/restano poco e vanno via/battono tuoni sulla porta/lampi a zig-zag sulla finestra/la pioggia lava le macchie/torna la luce del mattino/brillano i colori/le colpe sono cancellate.
Nell’insieme la silloge di Luisa è un’esplosione di sfumature dei colori della natura, come dell’amore; ogni pagina ci traghetta in un paesaggio ritrattistico della vita dell’autrice che ci sorprende non solo spettatori ma attori di emozioni condivisibili.
La luce del sole e le ombre che attraversano queste pagine appartengono ad vissuto che è patrimonio di ogni esistenza, il suo esprimersi conciso e diretto diventa immancabilmente spazio in cui riconoscerci.
Il potere catartico della poesia trova nell’espressione poetica di Luisa Colnaghi la reale essenza di saper leggere l’anima umana.
La spera di sole/sulle mani stanche/una macchia bianca/un graffio sul tavolo/nebbia di tristezza/nell’aria immobile/angoscia temperata/nel pulviscolo d’oro.
POESIA INEDITA
Menzione della Giuria
IL RAGNO Antonio Zucchetti
In questi versi emerge come nelle piccole cose si riesca a trovare il senso profondo della vita, il poetico in un piccolo ragno e nella sua delicata ed eterea ragnatela che trema all’alito del vento dal mare.
Viene cantato il senso della vita che si trova anche nella minuzie delle cose, osservata con stupore quasi pascoliano, il piccolo diventa grande e conferisce senso e vita ad una casa di mare, spesso sola, abbandonata al vento e alla salsedine.
Il poeta guarda con delicatezza ad un ragno, che prima lo infastidiva ma ora accoglie questa creatura con una poesia che ha l’esordio di una favola e si conclude con una delicata riflessione sul senso profondo della natura che ci circonda e ci accompagna, anche quando non ne siamo consapevoli.
AUTOBIOGRAFIA Dario Brambilla
È la storia di una solitudine che cerca di raccontare la propria vita, o meglio la delusione per la propria vita: l’unico oggetto è un oggetto magico, il lituo degli aruspici, quasi a cercare auspici per un futuro sereno, per tracciare o cercare un destino; ma per l’uomo uscito dal cerchio tracciato intorno a sé, dopo notti insonni e sogni di avventure lontano dal nido, il volo è si rivela ingannevole come le lagune verso cui si dirige, rifugi di gabbiani, in un’aria livida ed inquietante.
E alla fine questo volo, anzi questa solitudine, si infrange su un lido, una vita senza nome, una ferita senza nome. L’epigrafe che accompagna questa poesia dichiara che è ispirata da un’esperienza autobiografica, ma chiede di dedicarla anche a Maria Cvetaeva, poetessa, donna, che ha sofferto moltissimo e che è morta suicida. A indicare che la vita sfregiata è anche di altri, oltre il cerchio che ci circonda.
Colpiscono le parole scabre, il lessico alto, l’uso della metafora e dell’ossimoro da cui emerge una profonda e amara sofferenza, accettata con “serena disperazione”.
UNA MADONNA Vito Manfredi
Un incontro fuggevole, in un freddo mattino di gennaio, l’apparizione di una donna, bellissima, perfetta nel suo volto ovale, dall’incedere elegante come una vera madonna stilnovistica.
Una donna che fa tremare l’aria fredda e la trapassa: ed allora comincia un sogno, un volo. Sognare, volare, amare, vivere anche solo per un giorno e poi c’è l’attesa nell’amara e tuttavia lucida consapevolezza che alcuni incontri stravolgono un’intera vita.
Le parole con grande leggerezza ed un po’ di ironia cantano due tappe di un amore, l’inizio e la fine: lo stupore dell’incontro e la malinconia di chi comprende di avere, alla fine, ormai solo un’ombra, un ricordo di colei che non viene più aspettata ma è stata comunque molto amata.
PREMIO DELLA CRITICA
SOTTO IL CIELO DI LAMPEDUSA
ANNEGATI DA RESPINGIMENTO
vince il Premio della Critica Isabella Morra 2014
È un’antologia edita da Rayuela che porta la prefazione di Erri De Luca. Ha origine in seguito al dramma degli annegamenti del 3 ottobre a Lampedusa in cui morirono decine e decine di immigrati.
Raccoglie 85 poesie scritte da 69 poeti italiani e stranieri. Sono poeti dalle bocche che non tacciono, poeti che hanno deciso di raccontare, attraverso la poesia, il dramma dei migranti e le tragedie del nostro Mediterraneo.
Sotto il cielo di Lampedusa è un’antologia civile che affronta il problema sociale delle migrazioni internazionali emerso soprattutto nell’aspetto di processo immigratorio. L’Italia, da paese d’emigrazione, si è trasformato in paese meta di processi migratori, vivendo un processo in fieri, ovvero in evoluzione dei movimenti migratori.
Mi dissero “vai”. Io ci credevo ad un mondo fratello, alla vita… Mi dissero “vai” questa sarà la tua battaglia, combattila anche per noi, tu andrai per mare, non temere il mare di cui siamo figli anche se nati fra due sponde! Ed io salpai: l’anima raccolta fra le mani, ed un sacchetto di semi da germogliare nella terra che amorevolmente avrei vangato al di là del nostro mare. [Grazia Maria Pellecchia].
Il luogo che lo straniero si trova ad abitare è per lui estraneo e perciò carico di solitudine. L’angoscia e la nostalgia sono parte del destino dello straniero di essere straniero, vivendo quello spaesamento che Claudio Magris definisce: “la verità dell’uomo che deve respingere l’illusione di una falsa unità in cui trovare sicurezza, ma per mirare a un’altra, a una vera unità.
La ragione che proclamava l’unità e la totalità del mondo è stata giustamente negata, perché essa scambiava una forma storica particolare, ossia la razionalità elaborata dalla cultura occidentale, per un principio universale e la imponeva alle altre civiltà, e cioè alle altre forme storicamente assunte dalla ragione, quale strumento di dominio”
E, come Odisseo, lo straniero diventa l’eroe che più di ogni altro soffre non solo il male dell’emigrazione, ma soprattutto il dolore del ritorno.
POESIA INEDITA
Primo Premio SALITA IN CITTÀ ALTA Alessandra Dagostini
La poesia ha il ritmo di una ballata ed il piglio di una dichiarazione d’amore, colpiscono della salita i forti contrasti di colore: gli aceri rossi, il verde delle montagne che si fondono all’aspro sapore della grappa e si mescolano ad un silenzio giallo come polenta e al profumo di un tiglio.
Man mano che si sale, e questo salire è anche simbolico, si vede un paesaggio ieratico: le pietre di una piazza accoccolata, umana, con poche rughe ma tanta storia, circondata e difesa da figure mitologiche che proteggono anche il cuore di una bambina che era incantata da un luogo di cui coglieva la magia, in cui interrogava sfingi e leoni, quasi a precorrere e ricercare il proprio futuro.
E questa magia viene riscoperta nella bellezza della salita in città alta, riscoperta tale e quale dalla donna che è cresciuta nella bambina …. città cinta da morbide mura ed in cui le centinaia di rintocchi della campane ricordano ancora oggi il momento della chiusura delle porte.
Il passato e l’antico si fanno presente in una poesia che colpisce per la leggerezza ma anche per la sua forza. Alessandra ci ha cantato Bergamo con immagini delicate e metafore suggestive, ha anche raccontato l’emozione e la gioia della riscoperta delle proprie radici, un amore lontano e tuttavia sempre presente.
Secondo Premio NEL DELICATO ISTANTE Assunta Spedicato
È un dialogo: c’è un altro da sé cui il poeta si rivolge e lo invita non voltarsi per non cedere, novello Orfeo, alla lusinga di trovare qualcosa di sbagliato o che si potrebbe, poi, irrimediabilmente perdere.
Ma quando è il momento opportuno per cogliere questa epifania? La risposta è che occorre fare attenzione all’ascolto per scoprire l’essenza profonda dell’essere: il poeta si sta preparando a cercare ed indagare l’armonia delle cose, a trovare la voce che modulerà i suoni dell’armonia. E sta invitando l’altro, come in un gioco di specchi ad aspettarlo.
Allora saranno i riverberi di luce ad aiutare a cogliere un barlume di verità; l’altro deve modulare la propria voce sulle tonalità dell’io del poeta a creare un ritmo, un cromatico ritmo, in un bell’ accostamento di suoni e colori, nato da note interiori, tale ritmo permetterà di lasciarsi andare e vivere l’armonia cercata con un totale abbandono.
È un invito ad aspettare il momento in cui si può cogliere l’essenza delle cose, è un invito a non avere fretta. E finalmente arriva il momento in cui l’altro si volta e ci trova nel delicato istante in cui siamo noi stessi, veri, forti, ma anche profondamente fragili, nell’immagine che riflettiamo nello sguardo di chi ci osserva e allora, forse, ci ama.
Terzo Premio VIA FORCAGLIONI 1a STANZA A DESTRA Tiziana Soressi
In una casa che sembra paradigma del passato, anzi il passato, il silenzio ci parla di una vicenda vissuta al di là di un’afasia solo apparente; il silenzio non è vuoto ma diventa eco di una vita, anzi di molte vite che in questa casa sono passate e si richiamano, respirano, portando a ritrovare quanto sembrava perduto sulla scacchiera della vita.
Solo nel silenzio si arriva al cuore delle cose, ascoltandosi ed ascoltandole, perché la forza dei ricordi porta a recuperare la vita che si credeva perduta, anzi le vite di questa casa che pare essere del passato ed invece rimane nel presente: una girandola sottrae al vuoto gli oggetti, le sedie sussurrano un a rivederci che diventa salvezza da un oblio che pare fagocitare tutto, e ci racconta che nulla è perduto e che rimane sempre uno spirito delle cose nei luoghi della nostra geografia interiore.
Il silenzio non è mai vuoto e il passato, grazie al pensiero, al ricordo, al miracolo di un attimo o di un momento, ma soprattutto alla poesia fa riemergere voci, sussurri, passioni e anche malinconie di un tempo che non se ne è andato.
Pochi ma intensissimi versi ci raccontano in modo essenziale il miracolo di questa scoperta: versi scarni, privi di aggettivi, parole che ci immergono nello lo stupore del ritrovarsi nella casa del nostro passato, noi che nella 1a stanza a destra troviamo le schegge del nostro vissuto e perché no? un attimo di eternità.
POESIE DAL CARCERE DI SANQUIRICO
Motivazioni della Giulia – Sezione Femminile
Terza classificata DENTRO DI ME Andreia Pontes
Dichiarazione coraggiosa di sofferenza che oltrepassa il dolore, perpetrata nel ricordo di un amore vissuto e oramai trascorso, ma, incredibilmente vivo e custodito preziosamente nell’intimo bagaglio sentimentale come un marchio di fuoco inciso a sigillo di un inevitabile destino.
Seconda classificata IO SONO TUTTA BELLEZZA Rose Marie Garcia del Rio
Attraverso la descrizione di un rinomato prodotto di consumo, emerge il desiderio di leggerezza e bellezza delle piccole cose quotidiane, sognando libertà di contatti nel contesto naturale di una vita ancorata alla speranza di un ritorno ad autentici significati.
Prima classificata MIO PADRE (SOLO DUE VOLTE) Sonia Gari
L’anafora del verso “solo due volte” rafforza drammaticamente il significato della figura paterna, spettro severo, distante ed inarrivabile nell’amara conclusione dell’amore negato. Il primo e fondamentale rapporto sentimentale fra uomo e donna, naufragato, che incide dolorosamente per tutta la vita.
POESIE DAL CARCERE DI SANQUIRICO
Motivazioni della Giulia – Sezione Maschile
Terza classificata IO SONO Lorenzo Sulas
L’intelligenza oltrepassa barriere fisiche e spazia, ampiamente supportata dal dinamismo di un acuto pensiero. Un caleidoscopico vortice di sensazioni ed immedesimazioni che non limitano costrizioni temporali. Condizione umana paragonabile al “problema di Didone” risolvendo penuria di spazi con astuzie ed espedienti originali, riappropriandosi legittimamente del logos smarrito.
Seconda classificata LA GIUSTIZIA CHE ASPETTO Abdou Aziz Gueye
Anelito di eguaglianza nell’espiazione degli errori umani espresso con orgogliosa umiltà, riconoscendo nello spettro della paura, la causa ricorrente di comportamenti negativi e dolosi. La dignità ed il coraggio divengono in tal modo, armi potenti ma innocue, per il riscatto che attende una nuova e consapevole occasione di rinascita.
Prima classificata TU, REGINA DI FIORI Bostina Florin
Omaggio all’amore sublimato nell’umiltà di riconoscere limiti e differenze in un rapporto impari. Chi scrive, esalta l’amata, non sentendosi all’altezza della sua regina, ma nell’onesta tenerezza delle espressioni, trascende in bellezza miracolosamente investita.