
Le Associazioni Culturali Zeroconfini Onlus e CulturalMente promuovono la Prima Edizione del Concorso Poetico Nazionale Isabella Morra – Il mio mal superbo
Monza e Brianza ON LINE Pensiero al femminile
Il concorso è patrocinato dall’Associazione Culturale Mnemosyne
Con “Il mio mal superbo” vogliamo dare voce alle donne che inseguono il sogno della libertà, della bellezza, della verità e dell’amore anche attraverso la consapevolezza del dolore.
Il titolo del concorso poetico nazionale è tratto dalle rime di Isabella Morra, una delle voci più originali della lirica dell’epoca, ”sexum superando” e contengono quell’immediatezza passionale e quell’abbandono al sentimento che sono la virtù della migliore poesia femminile.

Perché Isabella Morra?
Isabella, creatura fragile, straordinaria e inadeguata al suo tempo; la dolente figura di una poetessa che rappresenta tutte le donne schiave e vittime di una realtà ostile, che impedisce la libera espressione di vita e di sentimenti.
Di Valsinni è particolarmente interessante la triste vicenda di una gentile fanciulla, Isabella Morra, la quale apparteneva a famiglia il cui capo parteggiava per i francesi, nel periodo delle lotte tra la Francia e la Spagna per la spartizione del Regno di Napoli. La giovinetta era molto amica della moglie di un signore spagnuolo che risiedeva nel vicino Comune di Nova Siri. Maltrattata dai fratelli dimoranti a Valsinni, essa sperò nell’aiuto dell’amica per fuggire di casa ed andare a raggiungere l’altro suo fratello, che era segretario di Caterina dei Medici regina di Francia.
Le lettere che ella scriveva alla gentildonna di Nova Siri caddero nelle mani dei fratelli. Questi uccisero lei, ed il marito della sua amica, cui tesero una imboscata sulla via fra Nova Siri e Taranto, che quello doveva percorrere per tornare al paese.
Isabella Morra fu poetessa gentile e delicata. I suoi versi intrisi del suo pianto ricordano il duro martirio cui la infelice era sottoposta dalla sospettosa crudeltà dei fratelli. In un sonetto scritto poco tempo prima di morire, essa rivolge alle acque del Sinni le sue ultime invocazioni disperate, e conclude dicendo che, quando il fratello tornerà alla Corte di Francia, troverà il fiume più grosso non per le acque della pioggia o quelle del disgelo delle nevi, ma per le molte lagrime che i suoi occhi avevano pianto, nei giorni durissimi della solitudine e del patimento.
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